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2017 | OriginalPaper | Buchkapitel

Benedetto Cotrugli, Merchant Writer

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Abstract

Thanks to its fortunate geographical position, Ragusa (today’s Dubrovnik) enjoyed a considerable degree of political autonomy from the later middle ages onwards, even during the period from 1205 to 1358 when it was a Venetian protectorate. The Venetian presence can still be felt, not least in the language, tingeing the local dialect, of Neo-Latin provenance, with a noticeable Venetian patina, overlaid by mainland Veneto influences, with an admixture of Tuscan borrowings, particularly numerous in the fourteenth and fifteenth centuries with the expansion of commercial contact with Florence and Prato. Commerce was in fact proving the key to the prosperity of the Dalmatian city, a port well placed to afford access to the East for goods (chiefly cloths and woollen goods) originating for example in Barcelona and worked in Florence. As a consequence a wealthy merchant class had emerged, to which the Cotrugli family belonged, among whose members we find the author of L’arte de la mercatura (The Art of Trade).

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Fußnoten
1
Pr., f. 2. [“li fati e la fortuna permiseno che in sul più bello del nostro philosophare io fui raputo da lo studio e rimpiantato ne la mercatura. La quale per necesità mi convéne seguire, et abandonare l’amenità e la armonia dolcie de lo studio, a lo quale ero totalmente dedito”].
 
2
De navigatione II iii, p. 117.
 
3
Arte de la mercatura III xiv, f. 73 [“Et vedemo nel glorioso principe, divo Alfonso re d’Aragona, per longa pratica che ò avuto in sua corte, che, per la grande liberalità, mai vidi che di cortesia si lasasse vincere, et però per grandeça d’animo usava rilevare homini da poco et facievalli gran maistri, che risplendesse la sua liberalità, che nissuno di sui criati poteva dire havere ex merito quello che aveva, si non per grande liberalità del signore. Et vinto proprio di quella virtù, piutosto facieva gracie a quelli che nol meritavano che a quelli che li pareva fusseno acti et nati a meritare”].
 
4
IV vi, f. 84’ [“Non obstante che de uxore ducenda ne habiamo facto un’opera singulare altre volte, come sai, a misser Volce de Baballio, dove s’è decto diffusamente in sermon latino d’ogni observancia de mugliere et de lo officio loro, et de alevar figlioli, et di tuti ordini deveno essere obervati in unocoque de la famiglia, ma perché qui la materia ci inducie lo capitullo, pure alcune cose diremo generali”].
 
5
F. 98’ [“Finisse l’opera che ‘Mercatura’ è dita per Benedicto de Cotrulli ad Francisco de Stephano, Deo gratias. Apud Castrum Serpici dum epidimia vexaret urbem Neapolitanam. Anno Domini mcccclviii, die xxv o augusti, feliciter”].
 
6
Ff. 98–98’ [“Ecco, Francesco mio caro, decto ve habiamo con multa brevità il vivere e ’l morire del mercante vero, sotto lo quale nome multi falsamente albergano et chiàmanose mercanti. Et se alcuna volta son mancato a la satisfacion de l’animo tuo, habi pacientia et la incomodità del tempo incusa, lo qual non mi lassa riposare de le mie fatiche. Et con inquiete de l’animo vi ò scripto tuto, perché m’è destinato de star fuor de la mia patria iocosa, dove si pate disagi et incomodi, specialmente de la mia libraria, la qual mi fa multo povero de varie cose. Se pur a l’animo tuo satisfacio, piàcieme; se non, lo tempo e l’exilio acusarai. Et se non che, confinato da la peste, la qual al presente è in Napoli, in Castello de Serpico, lo Signor mio Re don Ferrando mi have imposta questa legatione da le bande vostre, e non ò voluto venire con opera inperfecta. Ancora non l’arei fornuta per la varietà di faciende, per ben che sempre fui desiderosissimo de satisfare a le tue preghiere et peticioni, le qualli come furno prompte ad volere consiglio, così ti prego siano sollicite a li effecti, mediante li quali possi conseguire il fin beato e la gloria di vita eterna, in secula seculorum, Amen”].
 
7
“Laus deo M°iiijclxxu adj xuiij° decembris in neapoli” (f. 101’). [“Praise be to God, 1475, December 15, at Naples”].
 
8
Pr., ff. 3–3’ [“mi parve ch’el fusse necessario lo scrivere in quella lingua che fusse più comune et più inteligibille a mercanti, a l’utilità de qualli era hordinata l’opera nostra. […] Et desiderando che questa nostra opera sia utille non solo a quisti nostri de lo presente seculo, ma eciamdio a’ posteri, a le man de quali per aventura ella perverrà, habiam deliberato di prociedere in questo nostro tractato con hordine singulare”].
 
9
Pr., f. 1 [“a la eterna memoria di scripture per seminare doctrina a li posteri”].
 
10
Pr., f. 2’ [“li gioveni et li adolescentuli” “li quali ànno voluntà di conseguire lo fructo laudevelle”].
 
11
I ii, ff. 6–6’ [“da la creation del mundo in fino a la nostra età per aventura da nisuno scriptore per ancora è suto facto”].
 
12
Pr., ff. 2–2’ [“Il perché multe volte mi disposi a scrivere et dare doctrina et porgiere regula salubre di decta arte, levando li errori e le abusioni, [sendo] reducta in fazetie, turpiloquio, falsità, infidelità, spergiurio, inverecundia; senza veneratione, senza culto, senza modestia, senza gravità, senza alcuno officio penitus de humanitate, con ogni enorme et impolito giesto. Et avendo pretermiso lungo tempo lo scriverne, per varie e diverse e urgente necesità et ocupatione, et maxime per lo advenare fuor de la mia patria iocosa, la quale m’è sì cara come si legie, occoresti tu, Francisco mio carissimo, solicitatore et pregator mio, a li pregi de lo quale intendendo a satisfar, mi sono mosso a scrivere quelo sento de la arte de mercatura, et eo maxime che non dubito che con lo scrivere ad vui proficto ad molti, et presertim ad quelli che ànno volontà e desiderio d’aquistare roba con honore et senza ofendere Dio et lo proximo”].
 
13
Pr., f. 2 [“trovai lo culto inepto, disordenato, soluto e frustro, in tanto che mi condusse ad conpassione et dolsemi che questa arte tanto necesaria et tanto bisognosa et utille sia divenuta in mano de li indocti et indisciplinati homini, et governata senza modo, senza ordene, con abusione et senza legie, et da li savii posposta et pretermisa et data in delaceratione et preda a li inscipienti et fabulla a li eranti”].
 
14
Pr., f. 2 [“dare doctrina et porgiere regula salubre di decta arte”].
 
15
Pr., f. 2’ [“La quale mercatura, per ben che si chiami arte, over disciplina irregulare, per la sua multiforme mutabilità che àve e dè havere in sé, per le varietà occorente per giornata in essa, niente di meno ella have alcune singulari regole in sé in genere et in specie”].
 
16
Pr., f. 1’ [“quello che per cotidiano exercitio mediante l’ingegno intrinseco sapemo e sentimo”].
 
17
Alberti, Famiglia, 190 [“Ben confesso quella antiqua latina lingua essere copiosa molto e ornatissima, ma non però veggo in che sia la nostra oggi toscana tanto d’averla in odio, che in essa qualunque benché ottima cosa scritta ci dispiaccia. A me par assai di presso dire quel ch’io voglio, e in modo ch’io sono pur inteso, ove questi biasimatori in quella antica sanno se non tacere, e in questa moderna sanno se non vituperare chi non tace”].
 
18
I xiii, ff. 34’–35 [“Ne le ricordançe deve scrivere tucti li contracti, promissioni et cambii, et ogni cosa che fai sùbito che l’ài firmato, nançi che ne nascano partite al giornale, perrò che sono multe cose che se ne fa contracto sença farne partite a lo libro et tamen sono sença dubio necessarie a ricordarsene et averle notate a ricordançe. Et nota che chi costuma fare de cambi deve mettere dupple partite, io dico ne lo caciare de le monete fuori: cioè una linea per abacho de la moneta pertinente ad quello de quella patria dove trafichi, et l’altra linea con figure, catiando fuori ad monete che à’ costume a tenere lo tuo libro secundo lo costume de la tua patria, per poser sempre afrontare con cui ài da fare: et ne le qual linee apare l’utile e lo danno”].
 
19
Pr., f. 3’ [“ne lo primo tractaremo de la invencione, forma et quidità d’essa mercatura; nel secundo, de lo modo dè observare lo mercante circa la relligione e lo culto divino; ne lo terço, de li costumi de lo mercante circa le virtù moralli et politiche; ne lo quarto et ultimo, de lo mercante e lo suo governo circa la casa e la famiglia e lo vivere iconomico”].
 
20
I ii, f. 6’ [“Per observare l’ordine naturale, diremo che cosa è mercatura perché, come vol Cicerone, volendo intender le cose bene devéno principare da la definitione”].
 
21
I ii, f. 6’ [“è arte overo disciplina intra le persone legiptime, iustamente ordinata in cose mercantili, per conservatione de la humana generatione, con sperança niente di meno de guadagno”].
 
22
III iii, f. 66.
 
23
I xi, f. 30’ [“Et per certo, esendo tanto utile, commodo et omnino necessario a lo guverno de la humana generatione, multo me stupisco di molti moderni et antiqui theologi li quali damnano questo cambio come illicito, sendoci in lui incerto lucro, corso reale, comutatione vera, acomodaçione, vitaçione d’interesso, industria sola, realità, periculo dal credere tante volte et di posser perdere et guadagnare”].
 
24
I xi, ff. 30’–31 [“Io non dubito che lo caso non fo inteso da coloro che deteno questo iudicio. Io sono mercante et intendo l’arte, et dui anni ò fato lo exercicio avanti che l’habia posuto intender, et ò avuto non mediocre ingiegno, et ò voluto et desiderato de intenderlo, sì che non se meraviglieno li religiosi si tanto audacemente dico che l’è quodanmodo impossibile ad uno religioso intenderlo per informatione et per consequens non può iudicare «tamquam cecus de coloribus»”].
 
25
II, pr., f. 42’ [“a nulla generacione di homini è più necessario il sapere di canoni quanto” ai mercanti].
 
26
III, Pr., f. 60’.
 
27
III iii, ff. 64–64’ [“Et io dico che lo mercante non solamente, come s’è decto, deve essere bon scriptore, abechista, quadernista, etc., ma eciamdio lo mercante deve essere literato prima et almeno bono retoricho, però che questo gli è necessaryssimo, ché la gramaticha fa l’huomo inteligente ad cognoscere bene uno contracto et lo mercante ogni dì fa li contracti. Lo fa eciamdio intendere uno comandamento, uno privilegio et quod maximum est pratico a lo contraere. Lo fa eciamdio intendere multe nacioni, però che è idioma commune con molte nationi, et diverse gienti, come Ungari, Todeschi, Francesi et multi altri. Lo fa eciamdio intendere multo de la christiana religione, come sono le messe et le oracioni et quelle cose che, per sua divocione, si delectasse di legiere. Lo fa eciamdio la grammatica comparesciente intra signori et magnifici homini, et lo fa essere egregio, che vòl dire “extra gregem”, “superiore al vulgo”. L’essere rhetorico è necessario perché non solamente l’arte de la rhetorica fa l’homo eloquente in lingua latina, ma e’ lo fa eciamdio diserto in vulgari, la qual parte è multo ornamento de la persona de lo mercante. Falo eciamdio sapere ornatamente scrivere in litere et fare superscripcioni a signori et a gran maistri, et quando è di bisogno sanno epistolare dove bisognia et exordire”].
 
28
IV vi, f. 87 [“Et però multi me ànno ripresso perché io faccio imparare le mee figliole gramaticha et recietare multi versi de Virgilio a mente. Fàciolo non solamente per farle perfecte gramatiche et retorice, ma per farle prudente, savie e di bona, salda et sana memoria”].
 
29
IV vi, ff. 86–87’ [“Diverse sono le nature di donne: alcune vogliono bone parole, et queste songo creature gentille et alevate in casa di loro patre dilicatamente et veçosamente, et non vogliono aspreça, perché la natura loro piglia disdegno de l’aspreça de parole o batiture […].
Alcune sono che vogliono aterrirse di vulto turbato, et queste sono di natura sua timide et inaudacie et ut plurimum son da poco et bestialli, et duramente imparano. Et queste talli se volno con multo ingiegno adoctrinare et darli libertà et spingere l’audacia […].
Alcune songo superbe et bestiali, et queste songo alevate in casa di lor padre, et tenute vile et mal in ordine, et potissime in conversacion di schiave, da le quali imparano ogni mal costume. Le qual, come vengono in casa di suo mariti, lor par essere venute di prigione in signoria, e lo far di superbia bestialle lor par essere madone […].
Alcune son done di poco ciervello, ligiere, voriano fare, ma ligieremente si dimenticano et smemorano, et queste sonno alevate da puericia sença doctrina, che maximum memorie est frequentarla et imparare, perché frequentando si fa più salubre et più efficace la memoria […].
Alcune sono hebete d’ingegno et adormentate, grosse d’intelecto, grasse di corpo et dormigliose et stracurate, et sono tucte carne sença spirito. Queste son quelle che sono vivute in casa di lor padre in libertà, schitate di faciende, con conpagne bestiali, dove s’è ateso al pachiare, et maxime che son algune terre dove usano multo le done mangiare la matina suppa con la malvasia et poi infra diem fanno le colacioni”].
 
30
III iii, f. 67 [“Et cusì in infinitum transcorrendo, trovariamo tuto quello che dè sapere uno homo convenirse debitamente a lo mercante”].
 
31
III vi, ff. 68–68’ [“sendo iniquamente interpellato da uno forestiero, lo qual pareva homo di auctorità et di fede, di ducati ccc, li quali dicieva havere diposati nel suo banco, la qual cosa non solamente non era scripta ne li soi libri, ma anche era falsissima, et Cosmo, volendo in nula parte non ledere nen maculare la fama della sua vera integrità, pigliandolo per la mano li fecie dare la decta pecunia. Mostrò quanto più deve essere servata et culta la integrità et la fede de lo mercante che lo denaro”].
 
32
III iv, f. 67’ [“in ogni evento, et masime in adversa fortuna, lo mercante dè essere confidente et audace, et quanto più la fortuna lo percòte, più robusto et animoso la deve invadere”].
 
33
Il Principe, XXV 26.
 
34
Book IV, pr., ff. 78–78’ [“in che modo lo mercante si dè havere circa la vita yconomica e governo de la casa et de la famiglia”, because “non bisogna che solamente sia intento ad acumulare pecunia, ma deve resguardare al governo di sua famiglia et havere possessioni et case, perché non sa li casi de la fortuna che potrebono avenire”].
 
35
Book IV, pr., f. 78’ [“Però lo mercante, lo qual guadagna al continuo, deve trahere alcuna parte da lo suo guadagno et investire in cose stabile, perché, mercante mio, ogni homo racionale tute le cose che fa le dè fare ad qualche fine, ma se lo fine tuo non è si non sempre acumulare denari sopra denari, et se mille anni vivessi, voresti acumulare in infinitum, sença altro fine, io te stimo per animale et per bestia irracionale et non per homo”].
 
36
IV x, f. 96 [“dopoi di tanti orlogii, disegni, vigilie, trafichi, scricticare, contracti, navegare per mare et per terra, alterchare, sudare, lusingare, contare, et infine, dopoi tante solecitudini et fatiche immense di mente et di corpo”].
 
37
F. 66’ [“la cosmographia, la quale è di bisogno non solamente sapere lo sito de l’orbe e lo nome de le patrie, regioni et provincie et terre particulari, ma è di bisogno eciamdio sapere le condicioni et li usi mercantili, et gabele di quele, et condicioni d’ogni robe et mercanthie che si meteno et tragono d’ogni parte, però che, nol sapendo, non intende quello che ad ogni parte et in sue stagioni si convene. Et più li bisogna sapere le distancie, li siti, porti, spiagie, et multo bene la carta de lo navigare per sapere noligiare et asicurare”].
 
38
I quote, here and subsequently, from Falchetta’s transcription of the Schoenberg 473 codex (Falchetta, De navigatione, 182) [“Da poi multi erranti per mare sensa ordine et sensa mesura, trovo Claudio Ptolomeo alexandrino, in greco Geographia, in latino Cosmographia, perché cosmos in greco vol dire in latino mundo, lo qual Ptolomeo fo […] gran astrologo et geometra, et ordinò et divise le mesure et le proportioni delo mare, celo et terra, et mesurò tucto per lo compasso celeste et descripse lo mappamundo donde nui havemo la carta delo navigare, la quale ce insegna lo andare per mare et non ce lassa errare”].
 
39
P. 67 [“tot tantas variasque aetatis nostrae navigationes assiduosque tranandi maris transitus”].
 
40
P. 67 [“in violentas quorundam navigantium manus”].
 
41
P. 67 [“tam temerarie inconsultoque”].
 
42
Pp. 67–68 [“Committendam litteris eiusdem navigationis disciplinam” and “unam quamque disciplinam ac leges edi”].
 
43
P. 68 [“Qui eiusmodi studiorum oblectari solent”].
 
44
P. 67 [“Quibus maritimarum rebus cura omnis et dominium est”].
 
45
P. 68 [“Vobis itaque id operis dedicandum in primis censeo, non tanquam rerum maritimarum ignaris, sed ad viros qui rerum terra marique bene gestarum instituti sunt, navigationisque scientia praediti, utque alii bene honesteque gesserunt probe cognoscere et eque iudicare possitis”].
 
46
P. 68 [“Quare, ducum inclite gloriosissimeque Senatus, hanc maritimam institutionem vobis caram accipite oro, vulgari tamen idiomate conscriptam ut ob dignitatem ac gloriam nominis vestri illi etiam discant quibus est solum materna lingua communis, quorum potior est numerus”].
 
47
P. 95 [“Regno di Sicilia, lo quale ultra la heredità de divo Alfonso re de Ragona, al presente ha conquistato lo glorioso S. re Ferdinando contra la universale rebellione deli baroni”—“lo presente iorno”].
 
48
P. 169 [“Ut puta nel 1465, marzo, volta la luna die XV, XVII hora, punti 637”].
 
49
II v, p. 120.
 
50
As listed in a themed summary rehearsed in the preface to Book III, p. 134.
 
51
IV i, p. 184.
 
52
I xvii, p. 93: but he is clearly quoting from memory, as can be seen from the approximate rendering of the last line (which should read “sì ch’elli annieghi in te ogne persona”). [“Nel dicto mare è Capraria et Gorgona, de la quale Dante dixe: «Movase la Caprara et la Gorgona et facian sepe a l’Arno in su la foce, sì che in te annegi ogne persona»”].
 
53
III iv, p. 142.
 
54
I xlviii, p. 103 [“Communemente le bone terre se fano da boni porti, et però se usa dire: «Porto, porco, orto et homo morto fa riccho l’homo». Però anche se dice: «Terra de marina, quel che non c’è la sera se trova la matina»”].
 
55
II vii, p. 124 [“Lo nauchieri deve essere saldo et reposato, che como dice lo comune proverbio: «chi va adascio fa bona iornata»”].
 
56
III v, pp. 144–45 [“Quando l’Ostro overo Scilocho fanno turbulento tempo et lo mare è agitato da decti venti, et fa fortuna con pioggia, et alcuna volta schiarisce lo mezo delo cielo, remanente le extreme parti delo celo nubilose, significa che lo tempo è da durare; et maxime quando reposa aliquantulum lo vento, li marinari dicono «lo cielo fa chiricha, et lo tempo reposa, et bonaza fa chachaza»—ad me bisogna alecuna volta usando proprii vocabuli marinarischi deshonestarmi”].
 
57
II vii, p. 123 [“quando fischia deveno li marinari respondere «oho», et allora lo nauchieri dice in una parola multe cose, como quando dice: «strisci manthichi in man!», vol dire: «l’uni vadano a li strisci, e gli altri piglino li mantichi in mano», e li marinari rispondeno «fatee»”].
 
58
II i, p. 107 [“Et como antiquamente la disciplina navale era in li Athenisi, Carthaginisi, Phenicei, Egyptii, Etholi, poi è spenta da questi et è remasa ad Venetiani, Genoisi et Catalani; Genoisi in navi grosse, Venetiani in galeaze grosse da mercantie, Catalani in galee sottili da curso”].
 
59
II vi, p. 122 [“(lo patrone) deve essere participe dela nave, non postizo, et in questo Genuisi me pareno observanti, et loro accusano lo stile et l’ordine Venetiano, che raro vel nunquam hanno patroni se non postizi, et lo più de le volte foresteri. Et como ne lo armare dele galee tanto in guerra quanto in mercantia Venetiani sono ordinatissimi et regulatissimi, così nelo mandare le loro navi sono inordinati, havendo patroni postizi et marinari et officiali de mille vescovati. Laudo multo in questo la consuetudine de Genoesi, che li patroni de le loro navi o sonno gentili homini, o populani Genoisi, et li marinari et officiali Genoisi da entro o de fora, in modo che lo patrone ha grandissima cura dela nave et de la roba, et quando è ad uno bisogno, sono tucti de uno animo et un sangue et per consequens virilemente defende l’uno l’altro, et de esserno oppressi o vincitori tucti quanti sono in uno gradu”].
 
60
Pr., p. 67 [“Multas […] terras et diversos hominum mores”].
 
61
III v, p. 145 [“questa regula e’ non me pare al tucto intesa, ma uno rustico ala Cirignola in Puglia me la deschiarò gintilemente. Arrivando io ala Cirignola essendo piovuto quello giorno al continuo sensa repusare, vedendo io lo arco che già era verso la sera, credendome indovinare dixi: «Arco de sera haveremo bon tempo». Respuse lo villano ridendo: «Signore, lo contrario; nui haveremo grandissima acqua». Io lo domandai perché, e mi dixe che arcu de sera se intende quando appare de Ponente, et de mane quando appare de Levante, et questo arco pare da Levante, però è tempo da acqua. Siché io vidi che tucta nocte piobe, et lo giorno sequente. Però attenti ala sententia delo rustico, che l’arco sia de sera et da parte occidentale”].
 
Metadaten
Titel
Benedetto Cotrugli, Merchant Writer
verfasst von
Tiziano Zanato
Copyright-Jahr
2017
DOI
https://doi.org/10.1007/978-3-319-39969-0_8